L’Istat ha rilasciato nuovi risultati del 7° Censimento generale dell’Agricoltura che, insieme a quelli già pubblicati, aggiungono elementi di valutazione alla fotografia del nostro settore agricolo.
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Dai nuovi dati emerge come l’agricoltura italiana si stia orientando verso un modello gestionale più moderno rispetto al passato.
Tra gli sforzi di dinamismo e gli ostacoli incontrati si rileva un dato particolare: la presenza dei giovani nel settore agricolo.
Gli ultimi dati indicano la perdita di circa il 20% delle aziende guidate da under 35 negli ultimi 10 anni: nel 2020 sono 104.886, erano 186.491 nel 2010. Anche i giovani imprenditori (fino a 40 anni) non riescono ancora a decollare nel proprio ruolo. Rispetto al 2010, nel 2020 la percentuale di aziende agricole con capo azienda giovane è scesa dall’11,5% al 9,3%.
Nel dettaglio, i capo azienda giovani tendono a guidare particolari tipologie di aziende, fortemente caratterizzate da alcuni fattori identificativi. Sono soprattutto aziende più grandi della media, con terreni in affitto e non di proprietà, con almeno un’attività connessa, propense verso la pratica biologica e verso la commercializzazione dei prodotti aziendali, estremamente digitalizzate (le aziende informatizzate dei giovani sono il 33,6% contro il 14,0% dei non giovani) e innovative (il 24,4% dei giovani ha realizzato innovazioni contro il 9,7% dei non giovani).
Inoltre, il capo azienda giovane ha un titolo di studio più elevato della media (solo uno su cinque non va oltre la licenza elementare, rispetto ai tre su cinque tra i capo azienda over 40) e frequenta corsi di aggiornamento (il 46,5% ha frequentato almeno un corso di formazione; fra gli over 40 il 27,2%).
Dunque le imprese agricole giovani sono più digitalizzate, multifunzionali e competitive ma ancora troppo poche per tenere il passo con un settore che offre invece molte potenzialità.